Nuova autotutela tributaria

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La riforma dell’autotutela tributaria, introdotta dal D.Lgs. n. 219/2023 e approfondita nella Circolare n. 21/E del 2024 dell’Agenzia delle Entrate, ha ridefinito il quadro normativo di questo istituto, distinguendolo in autotutela
obbligatoria e facoltativa. L’autotutela obbligatoria impone all’Amministrazione finanziaria di annullare, totalmente o parzialmente e anche senza istanza del contribuente, atti di imposizione affetti da vizi evidenti. Questi includono errori di persona, di calcolo, sull’individuazione del tributo, materiali facilmente riconoscibili, sui presupposti d’imposta, mancati pagamenti considerati erroneamente o documenti mancanti successivamente regolarizzati. Tale obbligo si applica anche in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi, salvo che l’atto sia confermato da una sentenza passata in giudicato o siano trascorsi oltre dodici mesi dalla definitività dell’atto non impugnato. L’autotutela facoltativa permette all’Amministrazione di intervenire anche in assenza dei vizi evidenti previsti per l’autotutela obbligatoria. In questi casi, l’annullamento, totale o parziale, può avvenire a discrezione dell’Ufficio se l’atto risulta comunque illegittimo o infondato, anche in caso di giudizio in corso o di atti ormai definitivi. Le richieste di autotutela devono essere presentate all’Ufficio che ha emesso l’atto, corredate da una descrizione completa dei motivi e della documentazione giustificativa. È possibile inviare l’istanza tramite strumenti che garantiscano la tracciabilità, come servizi telematici con SPID, CIE o CNS, posta elettronica certificata, oppure consegnarla di persona presso lo sportello. Questa procedura mira a semplificare e rendere più trasparente il rapporto tra contribuente e amministrazione. Nella circolare sono esposte anche la fase istruttoria e la fase decisoria. Chiarimenti anche sulla definizione delle sanzioni in caso di provvedimento di accoglimento parziale.

Circolare Agenzia Entrate

Il documento dell’Agenzia delle Entrate Circolare n. 21/E del 2024 dell’Agenzia delle Entrate, che si occupa di autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa si articola in quattro sezioni.

La parte introduttiva fornisce una panoramica sull’evoluzione storica dell’autotutela tributaria, evidenziandone il ruolo nell’ordinamento fiscale e soffermandosi sulle distinzioni tra autotutela obbligatoria e facoltativa nella nuova disciplina. Questo primo segmento ha l’obiettivo di contestualizzare le novità legislative, chiarendo il razionale delle modifiche introdotte e delineando le condizioni che obbligano o, al contrario, consentono agli uffici di intervenire per correggere provvedimenti errati o illegittimi.

Nella seconda sezione vengono descritte in dettaglio le modalità operative per la presentazione delle richieste di autotutela da parte dei contribuenti. L’accento è posto sul contenuto essenziale della domanda, che deve essere chiara, motivata e corredata da eventuali documenti probatori. Questa parte evidenzia l’importanza di una comunicazione trasparente e precisa tra amministrazione e cittadini, finalizzata a garantire una corretta gestione delle istanze e a ridurre i margini di errore.

La terza parte della circolare si concentra sul processo istruttorio e sulla successiva adozione dei provvedimenti di autotutela. Qui vengono analizzate le fasi del procedimento, dalla verifica preliminare della fondatezza della richiesta fino alla decisione finale, che può consistere nell’annullamento, nella rettifica o nella conferma del provvedimento impugnato. Particolare attenzione è riservata ai criteri di valutazione adottati dagli uffici e agli strumenti utili per garantire un esame obiettivo e imparziale.
Infine, la quarta sezione esplora il tema della responsabilità amministrativo-contabile connessa all’esercizio del potere di autotutela. Si sottolinea come la corretta applicazione di questo istituto sia fondamentale per evitare eventuali conseguenze negative per gli operatori fiscali, in termini sia di responsabilità personale sia di potenziali ripercussioni sul bilancio pubblico. Questo approfondimento mira a garantire che l’autotutela sia esercitata con la dovuta diligenza, nel rispetto dei principi di legalità e buon andamento dell’azione amministrativa.

Autotutela obbligatoria


L’art. 10-quater dello Statuto del contribuente, alla luce delle recenti modifiche normative, introduce un quadro dettagliato per l’autotutela obbligatoria, individuando una serie di ipotesi di manifesta illegittimità che vincolano l’Amministrazione finanziaria all’annullamento, totale o parziale, di atti impositivi o alla rinuncia a procedere con l’imposizione.
La circolare di riferimento chiarisce che questi casi, elencati in maniera tassativa, comprendono errori facilmente
rilevabili, non soggetti a valutazioni interpretative complesse, e che devono essere riconosciuti immediatamente.
Tra le situazioni che richiedono l’intervento obbligatorio dell’amministrazione rientrano diverse tipologie di errori:
1) l’errata individuazione del soggetto (errore di persona);
2) errori di calcolo;
3) inesattezze nell’identificazione del tributo;
4) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria;
5) errore sul presupposto d’imposta;
6) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
7) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

La ratio alla base di questa regolamentazione risiede nella necessità di distinguere l’autotutela obbligatoria da quella facoltativa, limitandone l’applicazione a situazioni prive di incertezze interpretative. Non vi rientrano, infatti, scenari che richiedono la soluzione di questioni controverse o soggette a divergenze giurisprudenziali. L’obbligatorietà si configura esclusivamente in presenza di vizi macroscopici. Nella circolare, l’Agenzia Entrate evidenzia anche che per quanto concerne l’indicazione tassativa dei vizi che configurano, nei casi di manifesta illegittimità, ipotesi di autotutela obbligatoria, l’elenco contenuto nell’art. 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente non coincide con quello contenuto nel citato articolo 2 del D.M. n. 37/1997. L’art. 10-quater non contempla espressamente, infatti, le seguenti fattispecie:
1) l’evidente errore logico;
2) la doppia imposizione;
3) la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati.
Al riguardo, l’Agenzia ritiene che tali ipotesi possano confluire nella fattispecie dell’errore sul presupposto d’imposta. In particolare, rileverà:
1) l’errore logico, qualora lo stesso determini una palese infondatezza dell’atto che si traduca nel ritenere indebitamente realizzato il presupposto d’imposta;
2) la doppia imposizione, qualora sia espressamente vietata da una norma e la cui violazione determini la mancata realizzazione del presupposto d’imposta;
3) la sussistenza di requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni ed agevolazioni qualora l’errore riguardi i presupposti per fruire delle predette deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi. Resta inteso, comunque, che anche in tali ipotesi deve sussistere la manifesta illegittimità dell’atto di imposizione. L’elenco di cui all’art. 10-quater contempla, invece, una fattispecie che l’art. 2 del D.M. n. 37/1997 non prevedeva expressis verbis, e cioè l’errore sull’individuazione del tributo.


In tale ipotesi, potrebbero rientrare i casi di erronea applicazione di un’imposta in luogo di un’altra, come, ad esempio, in caso di non corretta applicazione dei principi di alternatività IVA-imposta di registro ovvero di imposta sulle donazioni. Un aspetto procedurale rilevante è il termine entro il quale l’Amministrazione finanziaria è chiamata a rispondere alle istanze di autotutela obbligatoria. Tale periodo è fissato in 90 giorni dalla data di ricezione della richiesta, garantendo così tempi certi per il contribuente e assicurando l’efficienza del procedimento. Questa tempistica si inserisce in un più ampio quadro normativo volto a rafforzare la trasparenza e la tempestività nelle relazioni tra contribuente e amministrazione. Se l’Amministrazione non si sia pronunciata in merito all’istanza di autotutela proposta dal contribuente, contro tale silenzio il contribuente potrà proporre ricorso, dopo 90 giorni dalla proposizione della stessa e fino a quando il diritto non si sia prescritto. Contro il rifiuto espresso dell’istanza di annullamento in autotutela, invece, il contribuente potrà proporre ricorso entro il termine ordinario di 60 giorni dalla notificazione dello stesso.

Autotutela falcotativa


L’art. 10-quinquies dello Statuto del contribuente disciplina l’ambito dell’autotutela facoltativa, attribuendo all’Amministrazione finanziaria la possibilità di annullare atti o imposizioni anche in assenza dei vizi tassativamente indicati dall’art. 10-quater. Questo potere discrezionale consente agli uffici di intervenire laddove emergano irregolarità non espressamente previste, purché tale scelta sia motivata dall’interesse a garantire la correttezza e l’efficacia dell’azione amministrativa. L’autotutela facoltativa trova applicazione anche per le ipotesi di vizio elencate nel comma 1 dell’art. 10-quater, qualora però sia trascorso più di un anno dalla definitiva formazione dell’atto, ad esempio per mancata impugnazione da parte del contribuente entro i termini previsti. Un elemento cruciale di questa disciplina è rappresentato dal principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione, che guida l’esercizio del potere discrezionale in autotutela. In tale contesto, l’amministrazione non è obbligata a rispondere a istanze relative a questioni già esaminate in precedenti fasi di contraddittorio o in procedimenti che prevedono il coinvolgimento preliminare del contribuente. Tra queste, rientrano, ad esempio, le procedure DOCTE e DOCFA, caratterizzate da un’interazione anticipata tra le parti per la definizione delle questioni fiscali. Questa esclusione dalle risposte obbligatorie mira a evitare duplicazioni inutili e a preservare l’efficienza operativa degli uffici. Il regime dell’autotutela facoltativa, quindi, si configura come uno strumento complementare a quello obbligatorio, con l’obiettivo di ampliare i margini di intervento dell’Amministrazione in nome della legittimità e dell’equità fiscale. Tale flessibilità, tuttavia, deve essere esercitata nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, evitando abusi o utilizzi arbitrari del potere discrezionale. L’approccio delineato dall’art. 10-quinquies sottolinea l’importanza di una gestione equilibrata delle istanze, privilegiando interventi che risultino davvero necessari e proporzionati rispetto alle finalità di interesse pubblico. A differenza dell’autotutela obbligatoria, nell’autotutela facoltativa il contribuente potrà proporre ricorso solo contro il diniego espresso dell’Amministrazione finanziaria, impugnandolo entro il termine ordinario di 60 giorni. Non potrà, dunque, proporre ricorso avverso il rifiuto tacito, e quindi in caso di silenzio dell’Amministrazione.

Presentazione richiesta di autotutela


La presentazione di una richiesta di autotutela deve essere effettuata presso l’Ufficio che ha emesso il provvedimento oggetto della domanda di annullamento. Qualora, per errore, l’istanza venga inoltrata a un ufficio non competente, ad esempio una Direzione regionale invece di una Direzione provinciale, è compito dell’ufficio ricevente trasferire prontamente la richiesta all’ufficio competente. In questa circostanza, il contribuente deve essere informato del trasferimento attraverso una comunicazione inviata all’indirizzo indicato nella domanda o, in mancanza di tale informazione, al domicilio fiscale registrato nell’anagrafe tributaria. Nel caso specifico di richieste di autotutela obbligatoria, l’errata presentazione a un ufficio non competente non invalida l’efficacia dell’istanza rispetto alla sospensione della decadenza prevista dall’art. 10-quater, comma 2, che stabilisce un termine di un anno dalla definitività dell’atto per l’impugnazione. Per garantire il rispetto dei principi di buon andamento e economicità dell’azione amministrativa, il termine di 90 giorni, dopo il quale il contribuente può considerare il silenzio dell’Amministrazione come un rifiuto tacito e procedere con un’eventuale impugnazione, decorre dalla data in cui l’ufficio competente riceve effettivamente l’istanza. Quest’ultimo è tenuto a darne immediata comunicazione al richiedente, garantendo così la trasparenza del processo. Nella circolare in esame, l’Agenzia ricorda altresì che la presentazione di una domanda di autotutela non ha alcun effetto sospensivo o interruttivo sui termini previsti per proporre ricorso giurisdizionale, compresi quelli strettamente legati alla difesa in sede contenziosa. Questa precisazione evidenzia la necessità per i contribuenti di prestare particolare attenzione ai termini di legge, evitando il rischio di decadenza dei propri diritti a causa di eventuali aspettative legate alla gestione dell’autotutela da parte dell’Amministrazione fiscale .La richiesta di autotutela deve essere inoltrata utilizzando modalità che garantiscano l’identificazione del soggetto legittimato e l’effettiva trasmissione dell’istanza. Tra le opzioni disponibili rientrano:
1) i canali telematici (ad esempio CIVIS), accessibili tramite SPID, CIE o CNS;
2) l’invio tramite posta elettronica certificata (PEC);
3) la consegna diretta presso gli sportelli competenti.
Queste modalità, in linea con i principi di efficienza amministrativa sanciti dall’articolo 10 dello Statuto del contribuente, mirano a garantire una gestione rapida e trasparente delle istanze.Per agevolare la valutazione da parte degli uffici fiscali, è fondamentale che la domanda sia completa e dettagliata. In particolare, devono essere inclusi i dati identificativi del richiedente o del suo rappresentante, con specifico riferimento al destinatario dell’atto di cui si richiede l’annullamento; è essenziale fornire anche un indirizzo di contatto valido per la notifica delle decisioni relative alla richiesta. Se il richiedente dispone di un domicilio digitale (PEC) registrato nei database pubblici, come INIPEC o IPA, le comunicazioni dovranno essere inviate tramite tali canali. In assenza di queste opzioni, il domicilio fiscale registrato nell’anagrafe tributaria sarà utilizzato per le notifiche; estremi dell’atto contestato, corredati da una descrizione dettagliata della situazione e da tutta la documentazione necessaria a supportare le motivazioni del contribuente; l’esposizione chiara dei vizi dell’atto e delle relative ragioni giuridiche e fattuali che giustificano la richiesta di annullamento. Queste informazioni devono essere presentate in modo esaustivo per consentire agli uffici di condurre un’istruttoria completa e accurata. Un ulteriore requisito è rappresentato dalla sottoscrizione della domanda. Questa deve essere apposta dal richiedente, dal suo rappresentante legale, o da un procuratore autorizzato, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 63 del D.P.R. n. 600/1973. La procura deve essere inclusa direttamente nell’istanza, mediante inserimento in calce o a margine del documento, oppure allegata separatamente.

Fase istruttoria e decisoria


Quando un Ufficio riceve una richiesta di autotutela, avvia immediatamente un’istruttoria caratterizzata da trasparenza e collaborazione. In tale processo, può essere richiesto al richiedente di fornire ulteriori dati, informazioni o documenti utili a chiarire gli aspetti della fattispecie. L’analisi condotta dall’Ufficio include una valutazione approfondita degli elementi oggettivi
segnalati dal contribuente, oltre che di quelli già disponibili, come quelli acquisiti in sede giurisdizionale. Viene inoltre effettuato un esame accurato dei vizi, sia formali che sostanziali, sollevati nella richiesta, al fine di individuare eventuali irregolarità. Per verificare che la domanda non riguardi atti emessi da altre strutture, vengono condotti riscontri mirati. Per le richieste che presentano una complessità elevata o un valore economico significativo, è considerata una prassi appropriata il coinvolgimento delle Direzioni regionali, il cui parere preventivo garantisce una maggiore coerenza e accuratezza nella decisione. Al termine dell’istruttoria, l’Ufficio emette un provvedimento espresso che può accogliere o rigettare la richiesta.
Tale decisione deve essere adeguatamente motivata sia in termini di fatto che di diritto, eventualmente facendo riferimento a quanto discusso in precedenti fasi di contraddittorio. Un aspetto rilevante è che l’Ufficio non può basare la sua decisione su dati o documenti non presentati né in fase di richiesta né in risposta a specifici inviti, salvo in presenza di deroghe esplicitamente previste dalla normativa vigente. Tuttavia, il contribuente ha la facoltà di presentare documentazione inedita, a condizione che dimostri che la mancata produzione in precedenza sia dovuta a cause non imputabili alla propria volontà. Al termine del procedimento, il provvedimento adottato viene notificato al richiedente. Durante l’istruttoria, qualora l’atto oggetto di autotutela risulti infondato o illegittimo, l’Ufficio ha la facoltà di sospendere i suoi effetti amministrativi. Questa misura preventiva mira a evitare conseguenze potenzialmente dannose per il contribuente, derivanti dall’esecutività dell’atto contestato, garantendo così una maggiore tutela nei confronti di situazioni lesive. Come detto, al termine della fase istruttoria, l’Ufficio conclude il procedimento di autotutela con l’adozione di un provvedimento espresso, che può accogliere o respingere la richiesta avanzata dal contribuente. Questo atto, corredato di una motivazione chiara e dettagliata, viene formalmente notificato all’interessato. Qualora i termini per l’emissione di un nuovo provvedimento non siano ancora scaduti e non sussista una sentenza definitiva che abbia risolto la controversia, l’Amministrazione ha la possibilità di adottare un nuovo atto correttivo. Tale misura, nota come autotutela sostitutiva, consiste nell’annullamento del provvedimento originario affetto da
errori e nella sua sostituzione con un nuovo documento, notificato insieme alla decisione di autotutela.

La facoltà di procedere alla sostituzione del primo provvedimento deriva dal potere dell’Amministrazione finanziaria di intervenire su eventuali errori materiali, vizi di forma o difetti sostanziali rilevati nell’atto iniziale. Questo potere consente, inoltre, l’applicazione del principio del favor rei, che mira a garantire al contribuente una posizione più favorevole qualora l’atto emendato elimini gli elementi controversi o irregolari. Il nuovo provvedimento può differire sia nei contenuti dispositivi sia nella motivazione rispetto a quello originario, poiché viene emesso privo dei difetti riscontrati durante l’istruttoria. Tuttavia, l’esercizio di questa prerogativa deve rispettare il divieto di duplicazione procedurale sancito dall’art. 9- bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Questo principio vieta che un medesimo procedimento tributario possa essere reiterato con finalità sanzionatorie o impositive su uno stesso fatto oggetto di valutazione, evitando così di configurare situazioni di bis in idem. La corretta applicazione dell’autotutela sostitutiva richiede, quindi, un’attenta valutazione per garantire il rispetto di tale limite, mantenendo un equilibrio tra l’esigenza di correggere eventuali errori amministrativi e il principio di tutela del contribuente. L’autotutela sostitutiva rappresenta uno strumento fondamentale per assicurare l’efficacia dell’azione amministrativa e il rispetto dei diritti dei cittadini, consentendo all’Ufficio di porre rimedio a irregolarità senza attendere l’intervento del giudice tributario. Essa si configura come un mezzo per migliorare l’accuratezza degli atti impositivi, tutelando al contempo la posizione del contribuente in un quadro di legalità e trasparenza. L’equilibrio tra l’applicazione dei principi di correttezza amministrativa e le garanzie procedurali si rivela essenziale per un’efficace gestione dei rapporti tra Amministrazione fiscale e cittadini.

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